L’idea venne a Giancarlo Giannini. «Negli anni Settanta lavoravo come un pazzo, avevo appena finito di girare Sesso matto con Dino Risi così proposi a Lina Wertmüller di scrivere un film che fosse anche una vacanza, con due soli protagonisti su un’isola deserta», racconta il grande attore, 82 anni e un’energia inesauribile. Detto, fatto. La regista si mette al lavoro e «in appena una settimana» nasce il copione di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto, un cult che mezzo secolo dopo non ha perso la sua dirompente carica satirica: ambientato nella Sardegna più spettacolare, incentrato sullo scontro di classe tra una ricca e arrogante signora milanese, la famosa «bottana industriale», e il suo vessatissimo marinaio meridionale naufragati su un’isola, nel 1974 il film avrebbe sbancato i botteghini e consacrato le carriere degli interpreti Giannini e Mariangela Melato. Molti anni più tardi, poi, avrebbe ispirato un paio di film: lo sfortunato remake Swept Away-Travolti dal destino di Guy Ritchie con Madonna e Adriano Giannini, figlio dell’antico protagonista, e Triangle of Sadness, la commedia di Ruben Östlund Palma d’oro a Cannes. Per Giancarlo, che fu anche produttore con Wertmüller, rimane indimenticabile la lavorazione di Travolti che nell’estate 1973, tra imprevisti di ogni genere e caldo a 40 gradi, si rivelò «difficilissima». A partire dai sopralluoghi.
A un certo punto il pilota ci comunicò che a causa del vento stava entrando sabbia nell’unico motore e fummo costretti a un atterraggio di emergenza. Ma da lassù avevamo fatto in tempo a innamorarci di Cala Gonone, un paradiso sulla costa orientale della Sardegna, dove un mese dopo avremmo finalmente girato il film».
L’intervista a Gloria Satta su Il Messaggero.
Poi le riprese come andarono?
«Il primo giorno Mariangela si taglia un piede sugli scogli affilati come lamette, tanto che per camminarci sopra io mi incerottavo tutta la pianta dei piedi. In ospedale le mettono 15 punti e l’assicurazione, per non bloccare il set, ci chiede di sostituirla con un’altra attrice».
E voi come reagite?
«Rispondiamo: “Nemmeno morti” e decidiamo di far recitare Mariangela seduta, ricorrendo ad alcune controfigure con la parrucca bionda nelle scene in movimento. Ma i problemi non finiscono qui: stava per scadere il noleggio delle due barche che utilizzavamo nel film».
Cosa decidete di fare?
«Armato della Polaroid ricevuta in regalo dal mio amico Andy Warhol, io corro a Porto Cervo per cercare un altro yacht. E m’imbatto in quello di un miliardario francese, re dell’acciaio: sembra perfetto. Mi presento, scatta la simpatia, lui mi invita a dormire a bordo e io ottengo la barca per tre giorni. Ma non bastavano. Allora chiamo Lina come rinforzo, lei piomba da noi e il prestito si allunga a un mese. Gratis. Ad un’unica condizione: dovemmo ingaggiare come comparse la moglie e la figlia del proprietario».
È vero che sul set Wertmüller era dispotica?
«Proprio così. Aveva l’autorità di sette registi maschi messi insieme e la troupe le ubbidiva senza fiatare. Pretendeva il massimo perché conosceva il mestiere. E non ci pensava un secondo a mandare tutti al diavolo. Una volta si arrampicò su un albero con la cinepresa per inquadrare dall’alto e poco ci mancò che stramazzasse al suolo. Ma nessuno aveva il potere di fermarla».
Avete improvvisato nel film?
«Sì, e non poco. Nel copione gli schiaffi erano una decina, nel film sono più di sessanta. Una volta inseguivo una controfigura di Mariangela, riempiendola di botte, e la donna si girò all’improvviso sferrandomi un calcio che mi ruppe il menisco».
Non pensa che oggi sarebbe improponibile, sullo schermo, un uomo che picchia una donna?
«Travolti è stato considerato un film maschilista, ma non sono d’accordo. Il mio Gennarino è un povero marinaio che si vendica di tutte le angherie subite dalla riccona in nome della differenza di classe. E quando lei, ormai nelle mani dell’uomo, decide di concedersi, lui rifiuta: pretende che la donna s’innamori».
Le è piaciuto il remake realizzato nel 2002 da Guy Ritchie con Madonna, all’epoca sua moglie?
«Il film aveva fatto gola a tanti. All’inizio, i diritti ci erano stati chiesti da Robert Redford e Jane Fonda ma il progetto non andò in porto perché girare in mezzo al mare a tu per tu con il vento, la sabbia e il meteo è un’impresa difficilissima, che scoraggerebbe chiunque. Poi si fece avanti Madonna, ma io ero contrario a un remake con lei».
Perché?
«Mariangela, con cui prima di Travolti avevo girato un altro grande film di Lina, Mimì metallurgico ferito nell’onore, era una grandissima attrice, mentre Madonna solo una cantante. Come avrebbe potuto reggere il confronto? Eppure mi fece la corte per anni, invitandomi puntualmente ai suoi show. Ma io non ci andavo mai perché sapevo che avrebbe finito per parlarmi del film».
E come si convinse poi a cederle i diritti?
«Lei e il marito agganciarono mio figlio Adriano che aveva appena iniziato a fare l’attore. Ma all’inizio non ne voleva sapere di girare il film. Mi chiese consiglio e a quel punto gli dissi di farlo, se non altro per la soddisfazione di schiaffeggiare Madonna (ride, ndr)».
Wertmüller scomunicò senza appello quel remake, che si rivelò un flop anche nelle sale. Lei come lo giudica?
«Penso che l’errore fu voler fare la copia dell’originale: mio figlio mi raccontava che durante le riprese, sulla spiaggia tenevano acceso un monitor in cui scorreva il nostro film… Madonna avrebbe dovuto cambiare strada e farne un musical, sarebbe andato meglio».
Oggi che estate sta vivendo?
«Partecipo a qualche festival e mi diverto a portare in giro il mio spettacolo di poesia e musica, molto richiesto, accompagnato da una band di jazzisti. E poi faccio piccole partecipazioni nei film, i ruoli lunghi ormai mi annoiano. Ultimamente ne ho girati sei, anche fuori dall’Italia».
La sua carriera internazionale è stata coronata dalla stella sulla Walk of Fame di Hollywood. Rivede mai ”Travolti da un insolito destino”?
«No, no. I miei film non li rivedo mai. Anche quelli che, come Travolti, hanno lasciato una traccia indelebile sia nel cinema sia nella mia vita. Preferisco guardare avanti».