Gli scienziati hanno messo in guardia sul possibile collasso del sistema delle correnti dell’Oceano Atlantico. Ciò minaccerebbe l’equilibrio climatico della Terra, con conseguenze drastiche sul trasporto del calore e sulla distribuzione delle precipitazioni su gran parte del pianeta.
Ma alcune regioni potrebbero essere più colpite. In Amazzonia, ad esempio, questo fenomeno può causare un collasso irreversibile della copertura forestale, riducendo notevolmente la ricca biodiversità presente nell’area.
Il fenomeno cambierebbe il regime delle precipitazioni nella foresta
- Un nuovo studio condotto da scienziati dell'Università di San Paolo (USP) e pubblicato sulla rivista Geoscienza della natura sottolinea che i cambiamenti climatici innescati dall’indebolimento della cellula di ribaltamento meridionale dell’Atlantico, sommati ai cambiamenti nell’uso del suolo legati alla deforestazione, porterebbero danni irreversibili al bioma.
- Questo perché le aree che, teoricamente, trarrebbero beneficio da un aumento delle precipitazioni sono proprio quelle dove la foresta è già stata maggiormente deforestata (nel sud e nell’est del bioma).
- D’altro canto, le aree attualmente preservate nel nord della regione sarebbero fortemente colpite dalla riduzione delle precipitazioni.
- I ricercatori hanno analizzato tracce di pollini e microchar conservati nei sedimenti marini che rappresentano ciò che scorreva attraverso la foce del Rio delle Amazzoni migliaia di anni fa, compreso un periodo in cui la grande circolazione atlantica fu temporaneamente interrotta da processi climatici e oceanografici legati alla fine del l'era glaciale.
Rappresentazione artistica della circolazione ribaltata meridionale dell'Atlantico (Immagine: NASA)
Per saperne di più
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I ricercatori hanno analizzato il passato della regione e hanno formulato previsioni spaventose
Il team ha utilizzato questi dati storici per capire cosa è successo alla foresta amazzonica in due momenti fondamentali: l'Ultimo Massimo Glaciale, tra 23.000 e 19.000 anni fa (quando circa l'8% della superficie del pianeta si coprì di ghiaccio), e un periodo di riscaldamento quello seguito subito dopo (tra 18.000 e 14.800 anni fa), in cui lo scioglimento dei ghiacciai dell’emisfero settentrionale immetteva un’immensa quantità di acqua dolce nell’Oceano Atlantico, provocando un temporaneo collasso della Cellula Ribaltante Meridionale dell’Atlantico.
L’analisi del materiale indica che la copertura forestale dell’Amazzonia ha subito importanti trasformazioni in questi due periodi. Durante l'Ultimo Massimo Glaciale, secondo i ricercatori, si è verificata un'espansione di specie provenienti da ecosistemi montani (meglio adattati alle basse temperature del periodo) dalle Ande e Guiane alle pianure dell'Amazzonia, dove specie con un clima caldo e in precedenza prevaleva il clima umido.
Gli scienziati mettono in guardia sui potenziali impatti sull’Amazzonia (Immagine: streetflash/Shutterstock)
Nel periodo successivo le cose si complicarono. Con la fine dell’era glaciale, la temperatura salì di nuovo, spingendo la vegetazione montana verso le cime delle montagne e facendo spazio alla vegetazione tropicale per riconquistare le pianure dell’Amazzonia. Allo stesso tempo, però, il crollo delle correnti oceaniche ha causato uno spostamento della “cintura tropicale” delle piogge a sud dell’Amazzonia, lasciando disidratata la porzione settentrionale del bioma.
Non si è trattato di una “savannizzazione” completa, ma la foresta è diventata molto più secca, ha rivelato lo studio. Il problema è che questa volta gli impatti potrebbero essere molto maggiori a causa del cambiamento climatico provocato dall’uomo.
Il post-collasso della principale corrente atlantica potrebbe rappresentare la fine dell’Amazzonia, avverte uno studio apparso per la prima volta su Olhar Digital.