Roma – «È cominciato tutto durante il lockdown. Passavo le giornate a casa a guardare i video di queste influencer: bellissime, perfette, rifatte benissimo. Ho cominciato a non piacermi più a voler cambiarmi. In questi anni ho fatto le orecchie, il seno due volte, il naso ma non ero mai come avrei voluto. Ho rifatto le labbra, l’ombelico. Poi sono finita dai Procopio e ora sto riconsiderando tutto. Credo di essere una sopravvissuta». Altea Lenzi è di Livorno, giovanissima, e quello che chiede di poter raccontare è qualcosa di più articolato di un intervento fatto senza cautele, come quello che è costato la vita, 20 giorni fa, ad Agata Margaret Spada. Per questo ha inviato una lunga lettera a Milena Gabanelli: «Sono una ragazza che come molte mie coetanee è vittima dei social media e della chirurgia plastica…».
«Sono stata operata nello stesso ambulatorio dei Procopio all’Eur, anche io al naso, ma per un intervento assai più complesso. Mi hanno rotto le ossa facciali e da quello che ho subito, e per l’esperienza degli interventi precedenti, posso dire che bisogna stare attenti ad affidarsi a persone così. Come purtroppo anche io avevo fatto. A maggio, su Instagram e poi TikTok. Guardavo i nasi rifatti da loro, i prezzi erano bassi e mi sono convinta. Li contattai e mi chiesero se volessi fare subito l’intervento. Dissi che preferivo fare prima una visita e dopo poche settimana ero a Roma da loro. Marco Procopio, il padre. Mi disse: la opero subito se vuole. Ma non ero pronta».
Così al Corriere della Sera:
Nessun esame preliminare?
«Nessuno. Poi mi chiesero delle analisi che mandai su WhatsApp e a settembre tornai per l’intervento».
Le stesse analisi che al primo incontro non erano evidentemente ritenute così importanti.
«Sì. E quando gliele mostrai mi dissero che non andavano bene, che mancava qualcosa, anche se erano quelle che mi avevano indicato. Ho i messaggi nel telefono, posso dimostrare tutto».
Quindi intervento rimandato, giusto?
«No. Stavolta c’era anche Marco Antonio, il figlio. Mi dissero: ti facciamo un regalo, ti operiamo lo stesso. Sapevo che per quell’intervento serviva l’anestesia totale, ma di nuovo “ti facciamo un regalo, basta quella locale se prometti che resterai immobile».
Come si svolse l’intervento?
«Ero terrorizzata, stavo per alzarmi e andare via ma mi è mancato il coraggio. Volevo quel naso a tutti i costi. Non avevano i camici né i guanti e la mascherina. Tantomeno la cuffia e i copriscarpe. Non mi fu presa la pressione, non mi applicarono l’ago-cannula. Sentivo le martellate sul naso rimbombarmi nella testa. E poi la tachicardia. Credevo di morire».
Gli stessi sintomi di Margaret…
«Mi iniettarono della adrenalina, credo per rallentare il sanguinamento. Per una settimana mi è rimasto il battito accelerato».
Margaret aveva mangiato poco prima dell’operazione, lei?
«Come le ho detto ho fatto altri interventi e mi è sempre stato detto di stare a digiuno dalla mezzanotte. Quel giorno invece mi scrisse la loro segretaria: “Tesoro, hai mangiato?”. Le dissi di no, che avevo paura di vomitare. Insisteva, e allora mangiai un pezzettino di pizza».
Il pagamento?
«3200 euro, nessuna fattura. Tutta la storia delle analisi, sono sicura, era una messinscena per non dover fare l’intervento in clinica. Sarebbe costato di più, sarebbe stato coinvolto un’anestesista, ci sarebbe stata una cartella clinica e una ricevuta».
Il post operazione come è andato?
«Neanche quindici minuti dopo mi lasciarono andar via. Il tempo che la segretaria mi dicesse quali farmaci prendere. Ero con mia zia, mi cambiava lei i tamponi pieni di sangue. Sono poi tornata per un controllo».
Ha detto che questa esperienza le ha aperto gli occhi.
«Io so che la perfezione non esiste, che è un ideale sbagliato e irraggiungibile. In famiglia è stata una tragedia, hanno provato a fermarmi in tutti i modi. Ma lavoravo, avevo dei risparmi. Mia zia è venuta per non lasciarmi sola».
Ne parla come una dipendenza.
«Lo è. Sono stata davvero male, ma ora sto smettendo».
Per la paura vissuta con questa esperienza?
«Sarei ipocrita se dicessi di essere contro la chirurgia plastica. Ma serve affidarsi a centri attrezzati, medici preparati, con un approccio professionale. Servono anche persone che ti guidano, ti consigliano, ti avvisano dei rischi e delle conseguenze e non cerchino solo di farti contenta, di esaudire i tuoi desideri. Non tutti sono onesti, approfittano delle nostre fragilità. È successo anche a me e vorrei che non capitasse ad altre ragazze».