Scicli – Mercoledì 5 luglio, alle ore 20,00, in via Aleardi, organizzato dal Movimento Culturale V. Brancati, verrà presentato il libro “Il sarto di Scicli. Bartolomeo Mariotta” , con un testo scritto di Giuseppe Nifosì, cioè da me, e una sezione fotografica di Tonino Trovato.
Il libro nasce da un’iniziativa di Saro Di Stefano, giornalista e storico, il quale gestisce, in privato, una sua piccola e elegante Casa Editrice che ha nome Abulafiad’accordo con la famiglia del sarto Mariotta, con il nipote Prof. Giuseppe e il fratello Prof. Salvatore.
Visti gli echi, ampiamente positivi che ha avuto la pur breve partecipazione del sarto Mariotta nella finzione della serie del Commissario Montalbano, L’altro capo del filoSaro Di Stefano ha ben pensato che dietro quel personaggio anziano serio, compunto, di poche parole, alto e mingherlino che prende le misure per un vestito al Commissario Montalbano-Zingaretti, doveva esserci, oltre al personaggio televisivo, una storia di una vita, e non si era sbagliato. Dopo aver contattato per primo il fotografo, un bravissimo ancor giovane amatore della fotografia, Tonino Trovato, Saro Di Stefano mi contatta telefonicamente – un’altra telefonata la ricevo dagli amici Prof. Giuseppe e Prof. Salvatore Maiotta, con invito a raccogliere la memoria storica dello zio e fratello Vartuliddo che, a tutt’oggi, a 88 anni compiuti, lavora nella sua sartoria di Corso Mazzini 70, in centro storico a Scicli.
Accettato l’invito, mi son messo, fin dal mese di febbraio, al lavoro, cioè ho preso contatto con il nostro sarto e ho avuto con lui diverse conversazioni al registratore, fino al mese di aprile, che mi hanno dato una preziosa testimonianza storica di una sua attività artigianale a Scicli a partire dalla metà degli anni ’50, fino ad oggi nel passaggio traumatico dalla civiltà contadina all’attuale civiltà industriale, tecnologica, digitale, anche e proprio, per quanto riguarda lo specifico settore dell’industria delle confezioni. Un passaggio l’ho definito traumatico, che ha rivoluzionato il settore delle confezioni per quanto attiene alla lavorazione e per quanto attiene alla produzione, commercializzazione e, di rimando e conseguenza, ai posti di lavoro, con un gran numero di addetti all’attività di sartoria che ha dovuto abbandonare, per mancanza di lavoro, quel settore e trovare un posto per la gran parte nella scuola. Come ben sappiamo.
Ebbene, in tutto questo rivolgimento del settore – ed è il suo primo grande merito – proprio il sarto Bartolomeo Mariotta ha resistito per la sua forte personalità, tenacia e tempra morale, e per la sua grande professionalità.
Come è successo, allora, scrivevo nel titolo che sia stato segnalato, individuato per recitare una particina nella finzione in oggetto? E’ quello che il sarto Mariotta mi ha raccontato, verso la fine delle nostre tre interviste, di cui molto in sintesi parlo di seguito, con un suo racconto sul perché ha fatto il sarto, cioè a motivo della sua condizione di salute fragile, che ha portato il padre a trovargli lavoro come ragazzinocioè apprendista in una sartoria a Scicli, a partire dai suoi quindici anni inizio. Nel libro racconto dettagliatamente di che si tratta?
Accenno subito ad altri tre aspetti importanti dell’intervista.
Il primo è stato quello che viene da una mia lunga esperienza di colloquiare, al registratore, con personaggi da intervistare. Non interrompere mai l’intervitato, lasciarlo parlare quanto più liberamente possibile. Orbene, la personalità, l’anzianità, il mio rispetto per la persona di Bartolomeo Mariotta, 88 anni, hanno creato il clima migliore per cui, fin dalla prima mattina dei nostri incontri, gentilmente ho invitato i suoi amici che gli tenevano compagnia, a lasciarci soli, in quanto per me , e ancor più, per lui,quelle persone sarebbero state di disturbo. Pertanto, mi son preso la fiducia di Mariotta, il quale ha parlato con serenità della sua storia e del suo “sottosuolo” degli anni dell’adolescenza e prima giovinezza, delle condizioni umilianti da apprendista in una sartoria di Scicli, e altrettanto umilianti del suo apprendistato, durato sette anni, presso il sarto, pur bravo, di Siracusa. Nota preziosa che ha dato il tono e la verità a tutta la sua testimonianza e il mio scritto.
Secondo aspetto: il lavoro umile di sarto di paese, condotto a Scicli per più di sessant’anni, con grande professionalità, rispetto e stima di colleghi più anziani bravi, mi diceva, che aveva trovato in paese; e, di rimando, nei suoi riguardi, rispetto e stima di colleghi più giovani che a lui si rivolgevano per consigli professionali.
Terzo aspetto. L’occasione, così lui mi dice, e così gli è sembrata, capitatagli una mattina del 2018, quando una signora ( della Palomar) lo osserva da fuori mentre lavora, e il giorno dopo bussa alla vetrina e gli chiede se era disponibile a recitare una piccola parte in un filmato della serie del Commissario Montalbano, nella quale doveva recitare la parte dell’aiutante anziano di una sarta, Elena Biasini che viene atrocemente assassinata. La sua disponibilità ha fatto il resto. Cioè, mi ha raccontato, e io riporto nel libro, le due scene, una al cimitero, in occasione della tumulazione della sarta, l’altra in una sartoria allestita per l’occasione, ben attrezzata, a Donnalucata, dove prende le misure per un vestito al Commissario Montalbano; riprese filmiche che lo hanno coinvolto, non in maniera del tutto tranquilla e inosservata, nelle quali, lui, il sarto, ha dei contrasti con il regista Sironi riguardanti la sua professionalità di sarto e la sua dirittura morale. Mariotta non ha alcun timore reverenziale, come si dice e, fermamente, ma con dignità e rispetto gli contrappone le sue ragioni di sarto professionale. Prendendosi alla fine i complimenti del regista per la professionalità e la recitazione e di Zingaretti per la bravura con cui gli ha confezionato il vestito. Sia i due colloqui-diverbi con Sironi, sia altri due simpatici aneddoti che il sarto Mariotta mi racconta alla fine dei nostri incontri, oltre che interessanti (specie quelli con Sironi) sono anche, vorrei dir con una parola, godibili, esilaranti!
Sospendo qui l’articolo. Il racconto fin dall’inizio è tutto da godere, non per altro che per i motivi che ho detto sopra, cioè che è stato il suo saper raccontare e la sua serena personalità a renderlo interessante, gradevole, incalzante e accattivante.