Modica –
“Supplivano [a Palermo, ndt] in parte alla mancanza delle pubbliche librerie in quei tempi le adunanze letterarie, che numerose erano allora in Sicilia, e molto conferirono tra noi alla riforma del gusto, ed al progresso delle lettere. (…)
A parte delle due adunanze istituite nei principii del secolo decimottavo, nelle quali si prendea a discorrere delle cose ecclesiastiche, l’una presso monsignor Ferdinando Bazan arcivescovo di Palermo, dalla quale trasse gran fama il Mongitore, e l’altra presso Diego del Castillo marchese di S. Isidoro, vi avea in Palermo nel 1722 quella, che solamente si occupava delle materie spinose ed erudite del diritto civile, ed era perciò chiamata Giustiniani. Questa si congregava in casa del principe di Aragona, ed era diretta da Agostino Pantò, che fu canoninco palatino, e poi da Michele Schiavo, che fu in appresso inalzato alla dignità di vescovo di Mazara. Ma la più famosa, e tra tutte la più durevole è stata l’accademia del Buon Gustoche fondata nel 1718 da Pietro Filingeri principe di Santa Flavia ristette in sua casa anche dopo la sua morte sotto gli auspici del figlio Cristoforo Filingeri (…). Fu oggetto di questa accademia illustrare in tutti i suoi punti la storia di Sicilia, e coltivare oltre a ciò la poesia e le pulite lettere. (…)
A questa del Buon Gusto altre due accademie si aggiunsero; la prima de’ Geniali nel 1719, che non senza lode è ricordata da Giacinto Gimma nella sua Italia letterata, e la seconda la Colonia Oretea nel 1721, ch’era unita agli Arcadi di Roma, e si congregava in casa del principe di Lampedusa. Ma ambedue queste accademie presto mancarono, e di quella soltanto de’ Geniali ci resta l’orazione latina per la morte dell’arcivescovo di Palermo monsignor Gasch, ed una raccolta di componimenti poetici per la solenne acclamazione di Carlo VI in Sicilia.”
Perché questa lunga citazione da Domenico Scinà, scienziato e regio storiografo vissuto tra Settecento e Ottocento?
La continua e importante frequentazione che ebbe un giovanissimo canonico Antonino Carioti, non ancora arciprete della Chiesa Matrice di san Matteo Apostolo di Scicli, con il canonico Antonino Mongitore, il grande erudito palermitano, conduce inevitabilmente all’Accademia dei Geniali di Palermo, descritta e citata da Scinà.
La breve durata dell’esistenza di quest’Accademia rende ancora più prezioso il ritrovamento di alcuni componimenti poetici recitati dal 2 luglio 1719 al 7 luglio 1720.
Tra gli adepti dell’Accademia, oltre a Carioti, si trova un già celebre Tommaso Campailla, genio indiscusso della poesia della città di Modica, di antiche origini sciclitane.
La motivazione che si legge nell’introduzione ai suoi scritti è la seguente:
“Campailla Tommaso/ Due sonetti.
Nacque in Modica nel 1668. Morì nel 1740 e fu celebre per il suo poema didascalico titolato L’Adamo per la quale opera fu annoverato tra gli Accademici di Urbino, Torino, Parigi e Londra.”
A presentazione di due suoi sonetti, letti pubblicamente dal segretario dell’Accademia il 7 luglio 1720 e spediti da Modica, Campailla scrive in dedica al primo:
“Accademici Geniali di Palermo, per essosi compiaciuti di annoverarmi nella loro Degnissima Società”.
La fama di Campailla era così universale che il poeta modicano non poteva non far parte della neonata accademia palermitana.
Il sonetto che qui si riproduce nelle due terzine finali è senza dubbio un omaggio, reso con un elegante gioco di parole, all’Accademia che lo aveva accolto
“Si degni dar le intelligenze al’etra
Genij sovrani, oggi il mio Genio fido
simil da vostri onori afflato ingetta.
In mezzo a Voi di conseguir confido
da la vostra Armonia suono a la cetra
da la vostra Aura a la mia penna il Grido.”
Il secondo sonetto di Campailla, invece, s’inquadra in quell’onda panegiristica che suscitò nell’intellighenzia isolana l’acclamazione dell’austriaco Carlo VI imperatore “terzo re delle Spagne e di Sicilia”.
È un componimento celebrativo che, scritto soprattutto da un suddito della Contea di Modica, acquista un valore e un’importanza nient’affatto marginali.
L’almirante di Castiglia e conte di Modica don Juan Tomás Enríquez de Cabrera si era giocato per Carlo VI d’Austria, ancora arciduca, la vita, la contea, l’onore.
Suo strenuo sostenitore nella Guerra di Successione al trono di Spagna, era stato un fedelissimo fino alla morte.
Le vicende sono ormai note. L’Arciduca Carlo, erede di diritto al trono di Spagna alla morte del re Carlo II d’Asburgo, per una serie di lutti e di coincidenze avverse, alla fine della Guerra di Successione, non era diventato re di Spagna, come auspicava l’Almirante di Castiglia. Il figlio del Duca d’Anjou, l’altro pretendente al trono e cugino dell’Arciduca, l’aveva spuntata assumendo il nome di Filippo V. L’Arciduca Carlo, insignito nel frattempo del titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero, per il trattato dell’Aja del 1720 aveva barattato l’Isola con la Sardegna, toccata per il trattato di Utrecht nel 1713 ad Amedeo di Savoia.
I piemontesi non erano stati particolarmente amati dai “regnicoli” siciliani e questo cambio ora accendeva aspettative e grandi speranze. Carlo VI, non appena acclamato re di Sicilia (29 sett. – 1 ott. 1720), restituiva, sdebitandosi, la Contea di Modica a Pasquale Enríquez de Cabrera, nipote del conte Juan Tomás, compiendo un gesto obbligato e necessario di riparazione grazie al quale la figura dell’ultimo Almirante di Castiglia era riabilitata e rivalutata storicamente e umanamente.
La gratitudine di “un mondo umiliato” trapela, infatti, come una grande attesa nelle prime quartine del componimento di Campailla, uomo senza dubbio fedele all’antica famiglia degli Enríquez de Cabrera che per secoli aveva posseduto e governato la Contea.
“Chi pari a Carlo? A la cesarea sede
ossequi un mondo umiliato aduna;
E’l suo poter, ch’ogni potenza eccede
di ogn’altra Maestà la gloria imbruna.
Di Cristo eletto ad essaltar la Fede,
le vittorie ha nel pugno, e la Fortuna
e posto già sovra un Bel … Grado il piede
alza il passo a calcar la Tracia luna.«
Tra i molti componimenti mandati agli accademici palermitani da Carioti e letti in accademia, uno in particolare ha colpito la mia sensibilità di sciclitano:
Mi fan due Genj dolce guerra al core,
che fan steccato di più doglie il petto.
L’un rinforza il desjo del Patrio tetto;
l’altro, il piacer di geniale amore.
Amor di Patria sembra in me maggiore
del mio Natal se lo ricordo oggetto:
ma se nacque al Saper, qui l’Intelletto
giuro di quello, che non è minore.
Carioti concludeva con l’ultima terzina il suo struggente Sonetto/testamento spirituale a favore di una città, Scicli, della quale immortalò provvidenzialmente la storia, pur amando Palermo e il cenacolo letterario nel quale ebbe la fortuna di incontrare gli spiriti più nobili del suo tempo:
“Mi diè Scicli la cuna, abbij la salma:
ma se qui m’allevò Palla lo ‘ngegno,
è dover, che di me resti qui l’Alma.«
Queste importanti testimonianze dimostrano quanto poco credibile fosse l’idea, avanzata da diversi storici, di una Contea di Modica isolata culturalmente e poco aperta alle grandi novità letterarie e scientifiche del tempo.
Due nomi illustri, Campailla e Carioti, sono bastati per avvicinare il complesso mondo palermitano, già così attento e sensibile ai grandi fermenti culturali europei, al piccolo universo provinciale e marginale della Contea di Modica.
Modica, Scicli, Ragusa, respiravano la stessa aria di Palermo perché mai i contatti erano venuti meno tra le città baronali di frontiera e la Capitale opulenta, distante eppur tuttavia vicina come forse nessun’altra città siciliana.
Il mondo palermitano si riverberava, così, nei microcosmi della Contea di Modica replicandosi nella lontana provincia per un bisogno di emulazione e di orgoglio soprattutto nell’Ottocento con le grandi epopee risorgimentali e la nascita delle nuove élites borghesi.
CREDITI
Carioti A., Notizie storiche della Città di Scicli, Edizione del testo, introduzione e annotazioni a cura di Michele Cataudella, Ed. Comune di Scicli, luglio 1994.
Carteggio privato Accademia de’ Geniali di Palermo.
Carteggio privato can. Antonino Mongitore – can. Antonino Carioti, Palermo.
Nobile M. R., La Sicilia austriaca: temi di architettura e problemi di metodo in “Sicilia austriaca 1720-1734” a cura di Vincenza Garofalo, Marco Rosario Nobile, Federica Scibilia, Domenica Sutera, Dipartimento di Architettura UNIPA, University Press, Palermo 2021.
Scinà D., Prospetto della Storia letteraria di Sicilia nel Secolo Decimottavo, vol. unico, tomo I, Officio tipografico Lo Blanco, Palermo 1859.
Treccani, Enciclopedia Italiana, Carlo VI imperatore, voce a cura di Arturo Carlo Jemolo, 1931.
Un Uomo libero, L’intelligente trappola del Conte di Modica, www.ragusanews.com25.3.2021.
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