I ricercatori del RIKEN Center for Emergent Matter Science (CEMS), in Giappone, hanno sviluppato un nuovo tipo di plastica biodegradabile che, oltre ad essere durevole e completamente riciclabile, può anche decomporsi nell’acqua di mare senza lasciare microplastiche.
Capire:
- Una nuova plastica biodegradabile può disintegrarsi completamente nell’oceano senza lasciare microplastiche;
- Il materiale è durevole e completamente riciclabile e impiega solo poche ore per decomporsi in acqua salata;
- Una volta gettata a terra, la plastica si biodegrada in 10 giorni e funge anche da fertilizzante;
- Le proprietà del nuovo materiale sono determinate da un legame costituito da ponti salini.
Il team RIKEN ha creato il nuovo materiale basandosi sul fatto che, attualmente, molte plastiche biodegradabili possono decomporsi nel terreno, ma non in acqua salata. Per risolvere il problema, i ricercatori hanno utilizzato ponti salini per interconnettere i monomeri (piccole molecole che formano polimeri) che, dopo lo smaltimento, possono essere facilmente consumati dai batteri.
Per saperne di più:
La plastica biodegradabile impiega solo poche ore per decomporsi nell’oceano
La nuova plastica biodegradabile – chiamata dal team alchil SP 2 – non è tossica e può essere rimodellata a temperature superiori a 120ºC, presentando anche una rigidità alterabile a seconda della scelta dei monomeri. Una volta esposti all’acqua di mare, i ponti salini impiegano solo poche ore per decomporsi.
Come descritto in un articolo pubblicato sulla rivista Scienzatest di riciclaggio con una miscela di alcol e acqua salata hanno dimostrato la possibilità di recuperare più dell'80% degli ingredienti plastici e, nel terreno, l'alchile SP 2 non solo si decompone in 10 giorni, ma agisce anche come fertilizzante quando rilascia fosforo e azoto.
“Con questo nuovo materiale abbiamo creato una nuova famiglia di plastiche che sono resistenti, stabili, riciclabili, possono svolgere molteplici funzioni e, soprattutto, non generano microplastiche”, spiega Takuzo Aida, professore dell’Università di Tokyo e autore di lo studio, in un comunicato.